mercoledì 25 novembre 2015

La Prova.

Ti Amo” “Anch'io”. Serata perfetta, erano stretti in un abbraccio da almeno 5 minuti. Stavano lì noncuranti dei dintorni, coinvolti solo nei loro pensieri, che ormai erano una cosa sola, le loro menti stavano facendo l'amore e a Elisa questo bastava, era anche di più di quello che si aspettasse. Giulio era contento, in quel modo che solo un uomo può provare, coinvolto in una situazione in cui non ha controllo, lasciando che tutto scorra attraverso se stesso. All'aperto in cima a quella collina all'inizio della sera, avevano appena parlato di tutto e di niente, quel genere di discorsi senza né capo né coda che solo due innamorati possono fare. Neanche ricordavano di cosa stessero parlando quando si erano abbracciati, contava solo quello al momento, era tutto quello che avevano ed era tutto quello che bastava. Si scostarono solo per sentirsi un filino più morti di prima, un po' più incompleti, ma restarono lì, senza dire nulla, con lo sguardo perso nel vuoto della pianura, senza pensare a nulla. L'aspetto migliore di quel momento era la mancanza di pensieri, buoni o cattivi che fossero, la pace assoluta del silenzio, il silenzio interiore. Elisa aveva bisogno del contatto di Giulio, allungò la sua mano per prendere quella di Giulio, senza pensarci 2 volte, lui la prese e la attirò a se e rimasero così per un altro po'. “Mi si stanno intorpidendo le gambe e inizio a sentire freddo, forse è meglio se ce ne andiamo” pensò Giulio, così iniziò a stiracchiare le gambe e a strofinarsi le spalle, Elisa naturalmente capì il messaggio “Vuoi che andiamo?” “Certo, se vuoi rimaniamo qui ancora un po'” “No no, tranquillo” e aggiunse “Stai per congelarti cretino e vuoi restare?” “Per te questo e altro”. Elisa colse l'ironia nel tono della voce del suo ragazzo e gli tirò un buffetto “Dai su!”. Giulio era contento di aver trovato qualcuna che riusciva a capirlo così bene, o forse non si rendeva conto che non era così difficile leggere i suoi comportamenti. L'uomo nascosto dietro gli alberi sul crinale alle spalle sorrise nella penombra. “Che bella coppia” e pensò alle sue cotte adolescenziali, era così spensierato una volta, senza preoccupazioni, senza delusioni. Amava la vita a quei tempi, ora l'unica cosa che odiava era dover vivere ancora, per fortuna aveva uno scopo che gli dava una ragione per andare avanti, se nella sua vita non aveva avuto fortuna di certo poteva aiutare gli altri ad arrivarci. Giulio prese per mano Elisa e iniziarono a scendere verso l'auto, i suoi ormoni al momento avevano sconfitto il freddo a pedate e non vedeva l'ora di arrivare a casa, a casa di Elisa e di fare l'amore fino alla mattina dopo. Elisa dal canto suo stava solo pensando a quanto bene stava ed era stata il resto della giornata, aveva trovato il ragazzo giusto. Onesto, fedele, simpatico, buona famiglia e tutto il resto. Anche lei credeva di essere stata troppo fortunata, ma forse lo meritava o almeno era quello che cercava di ripetersi di continuo. Ormai questa relazione continuava da 6 mesi, ed erano stati i 6 mesi migliori della loro vita, vissuti con tutta l'intensità di un giovane amore, quasi cercavano di pizzicarsi per cercare di svegliarsi, stava andando tutto troppo bene, questo era quello che entrambi pensavano, qualcosa su cui erano sempre e comunque d'accordo, anche se non ne avevano mai parlato. In pace completa, con i piedi che neanche sfioravano terra, tanto leggere e vicine erano le loro anime, erano arrivati all'auto. Decisero di appoggiarsi sul cofano e restare lì a parlare del futuro. “Cosa vuoi dalla vita?” “Ancora?” “Perché hai già tutto quello che desideri?” “Ovvio che sì, mi hanno appena regalato la macchina!” “Quanto sei coglione” “Ah beh, l'affare lo hai fatto tu” e scoppiarono a ridere entrambi, Giulio si fece serio “Ho tutto quello che mi serve, tutto quello che desidero e so che avrò tutto quello che voglio, ci sei tu e sai che questo mi basta” “Sei mio”, era il momento giusto per un bacio e lui lo sapeva, la prese e rimase lì sulle sue labbra per cercare di spiegare quello che aveva appena detto, se le parole sono la maniera che aveva di comunicare tutte le nostre emozioni, il bacio è l'unico che era grado di spiegare l'amore, l'unico in grado di farlo comprendere, l'unico in grado di far capire milioni di parole e frasi fatte, far capire quanto in realtà contano o siano importanti, un bacio non mente, mai. Può ingannare stava pensando Elisa, ma mentire mai.
Che bellissima coppia”, l'uomo dal nascondiglio sul crinale si sentiva un giudice, pronto a dire se il loro amore era vero e puro, anzi lui era il giudice, quella notte li avrebbe messi alla prova. Entrambi. Decise di agire e uscì dal nascondiglio e si avvicinò all'auto, ma quando la vide si pentì subito del giudizio che aveva dato al ragazzo, si accorse della precisione con cui era stata pulita, di come lui stava attento a non posare le scarpe sul paraurti e si rese conto che il ragazzo teneva a quell'auto più di quanto avrebbe dovuto, decise di ritardare l'incontro e restò a osservare ancora un po', non poteva sbagliarsi, non doveva sbagliarsi. Inizio a fare attenzioni ai piccoli segnali, la mano sinistra di lui era posata sul sedere della ragazza, nonostante la posa più naturale per lui fosse un'altra, il ragazzo amava il corpo di quella ragazza, forse un po' di più di quello che avrebbe dovuto, lei d'altro canto stava giocherellando con le sue ciocche di capelli, indice di timidezza pensava l'uomo, probabilmente il ragazzo stava cercando di farla rilassare, chissà cosa aveva in programma di fare una volta salito in auto. “Andiamo a casa tua?” disse Giulio. “Sì” rispose lei, “Mi raccomando controlla le scarpe prima di montare, non vorrei sporcare i tappetini”, “Quanto sei materiale!” “Stavo scherzando scemotta! Sai che puoi rotolarti anche nel fango se vuoi, mi piaceresti comunque!”.
Giulio stava cercando le chiavi nelle tasche quando sentì rumore di passi nella stradina che portava allo spiazzo in cui aveva parcheggiato, cercava di mettere a fuoco la figura che si stava avvicinando quando questa parlò.
C'era una chiesa qui intorno? Sulla cima intendo”
Intanto continuava ad avvicinarsi, uscendo dalla penombra, Giulio rispose:
Sul colle affianco”
Cavolo, non avevo visto indicazioni, sono andato a tentativi, la fortuna non è mai stata una mia alleata!”
Certe persone si confondono perché la strada per le due è la stessa, c'è un segnale al bivio più sotto”
Ok grazie mille, a proposito sa dirmi l'ora? Non vorrei il santuario fosse chiuso”
Certo un attimo che guardo sul telefono”.
Le 7 e ...” furono le ultime parole che riuscì a dire Giulio prima di accasciarsi, non si era accorto di quanto lo sconosciuto si fosse avvicinato e del fazzoletto che aveva in mano, Elisa cercò anche di urlare, ma l'uomo fu più veloce e con una leggera pressione sul collo le bloccò la voce in gola, e con un leggero aumento di pressione la fece sprofondare nell'oblio.
L'uomo si faceva schifo, si odiava per quello che aveva appena fatto, ma il suo scopo era molto più grande, doveva accettare anche quella parte del suo lavoro, sarebbe servita alla sua missione, li caricò sulla macchina del ragazzo, si controllò diligentemente le scarpe e montò, guidando verso la sua destinazione. Ormai era vicino al suo obbiettivo, ora le cose si sarebbero fatte interessanti.

22.18

Elisa si svegliò bloccata a una sedia e subito iniziò a dare di matto, urlando e agitandosi sulla sedia, nel frattempo Giulio rinvenne e vide la sua ragazza impazzire dal terrore, come lui d'altronde, ma cercò di restare lucido in quella situazione, bruciando tutto il coraggio che aveva a disposizione e soprattutto per aiutare Elisa e se stesso che erano nei guai fino al collo. C'era una rotaia tra di loro, tra i loro petti, con una lama circolare al centro, le mani di entrambe erano legate alle due estremità della rotaia e la cosa non si prospettava una festa di compleanno con i parenti, erano finiti nelle mani di qualche psicopatico.
Elisa calmati cazzo, fammi pensare!”
No,no, non posso stare così, fai qualcosa per liberarmi!”
CI STO PROVANDO, MA SE URLI ME LO RENDI DIFFICILE!”. Elisa scoppiò a piangere, ma smise di urlare, Giulio cercò di concentrarsi, ma non riusciva a venirgli in mente nulla per riuscire ad uscire da quella situazione orribile: “Ascolta ci andiamo attraverso insieme, ok?” “S-Sì”, stava cercando di farsi venire in mente qualcosa di confortante da dirle, ma venne interrotto nei suoi pensieri dallo sconosciuto: “ Scusate i miei modi poco ortodossi, ma lo sto facendo per voi” “razza di coglione che cazzo vuoi da noi?” “Cerca di calmarti ragazzo” “Calmo un cazzo, tu devi lasciarci andare, sei da rinchiudere!” “Non farmi arrabbiare, io cerco di essere gentile e cercare di spiegare la situazione e tu continui a interromp...” “Vai a farti...” Giulio ricevette un colpo alla tempia parecchio forte che gli bloccò la facoltà di pensare per un paio di secondi.
Bene, ora che ci siamo capiti, permettetemi di spiegare: siete legati a una rotaia che punta dritta ai vostri cuori, al centro di questa rotaia c'è una lama circolare che accenderò, non appena finito di spiegarvi, altrimenti non mi resterebbe che urlare per farmi capire, rendendo le istruzioni poco chiare e non voglio che capiate male. Ora, se tu, ragazzo mio, spingerai la rotaia dall'altro lato la lama la ucciderà e viceversa. Capito?” “Perché mai dovrei farlo?” disse Elisa. “Gran bella domanda, avete cinque minuti per prendere una decisione, altrimenti delle sbarre vi verranno sparate nel cuore. Iniziate a parlarne, io vi lascio il vostro spazio, dovete discuterne da soli, ricordate il limite dei 5 minuti! Buona scelta”. Detto questo lo sconosciuto si allontanò nel buio della grande stanza in cui erano rinchiusi inseguito dagli insulti di entrambi i ragazzi, che in qualche maniera speravano di ferirlo. L'uomo era triste. Triste di doverlo fare, ma sperava che prendessero la giusta decisione, lui aveva fatto quanto poteva, ora era tutto in mano loro.
Giulio, ti prego, non voglio morire! Aiutami, fammi uscire da qui!”
Sta bluffando!”. Ironia della sorte, il suono della sega circolare riempì la stanza quasi a voler smentire completamente l'opinione di Giulio.
Oh cazzo,cazzo,cazzo!” “Cosa facciamo Giulio?” “Non so, forse non era serio sul timer dei 5 minuti” e nuovamente venne smentito dalla leggera pressione che una punta di ferro stava facendo sul suo sterno. “Giulio non voglio morire!” disse Elisa scoppiando a piangere nuovamente. “ZITTA! Non urlare, possibile che devi sempre metterti a urlare come una matta, non riesco a pensare” “NO-N VOGLIO MORIRE, GIULIOOOOOO” “ZITTA, DEVI CHIUDERE QUELLA BOCCACCIA” “ Colpa tua se ci troviamo in questa situazione, tu e la tua mania di andare in posti isolati a guardare sti cazzo di tramonti e stare la a pensare a cazzate da donne!” “Cosa n-ne potevo sapere? Non è colpa mia Giulio!”.
Elisa stava cercando lo sguardo di Giulio, ma lui non glielo ricambiava, era concentrato sulla lama al centro, poi d'improvviso Elisa notò che la lama si stava avvicinando a lei, il movimento era lento, ma stava aumentando di velocità. “C-cosa? Giulio cosa stai facendo? Sei pazzo?”, Giulio ancora non la stava guardando, era concentrato a spingere lontano da lui quella lama mortale, ormai non contava più nulla, contava solo la vita e Giulio aveva scelto che la sua valeva di più di quella della donna che amava o che aveva amato fino a un paio di minuti prima. Elisa stava impazzendo, non solo doveva affrontare il tradimento più grande della sua vita, ma anche fronteggiare la morte imminente, decise di smettere di piangere e urlò “GUARDAMI!”, Giulio a fatica riuscì ad alzare lo sguardo e incrociò quello di lei, non servì altro, Elisa era riuscita a condensare tutto in quell'occhiata e lui dovette distogliere subito lo sguardo, non riusciva a sopportarlo, bruciava più dell'inferno. Ormai la lama era a pochi centimetri dal petto di Elisa che immobile accettava il suo destino, la lama ormai stava per tagliarle la camicetta quando all'improvviso, con un cambio repentino e accelerando cambiò direzione, nel giro di un paio di secondi si era piantata nel petto di Giulio e stava scavando la sua strada attraverso il suo petto, come prima era riuscita solo Elisa con le sue carezze, ora quella lama lo stava facendo a pezzi.

Elisa stava singhiozzando, non aveva il coraggio di alzare lo sguardo su quello che aveva di fronte, non aveva il coraggio di pensare a nulla, restava solo il dolore e la pace che questo riusciva a donarle, il pregio di non pensare a nulla e sarebbe rimasta lì se la voce dello sconosciuto non si fosse intromessa.
Mi dispiace, veramente. Lo amavi vero?”
Elisa non rispose, lo sconosciuto andò a liberarla. “L'uscita è lì”, una luce di emergenza si accese sopra una porta sulla distanza. “Puoi andare”. Elisa con le gambe che ormai rispondevano più a livello di istinto, si alzò e iniziò a barcollare verso la porta. “Aspetta, ti do una mano”, Elisa neanche aveva la forza di respingerlo e si fece sorreggere fino all'uscita. “Qui,ecco spingi”, il cuore di Elisa fece un salto, era all'aria aperta, stava respirando un po' di libertà. Era lì bloccata. Lo sconosciuto si avvicinò e le spezzò il collo con le mani. Un movimento netto e rapido, Elisa neanche se ne accorse. Cadde come un fagotto di stracci per terra.


L'uomo era triste, cupo, mentre trascinava il corpo senza vita della ragazza verso la macchina di Giulio, così lo aveva chiamato lei. I ragazzi avevano fallito la prova, e si che pensava che quei due forse sarebbero stati i tipi giusti, sembravano così una bella coppia. Per un attimo ci aveva pure sperato, quando per i primi 2 minuti il ragazzo e la ragazza non si erano mossi. Sperava che avessero capito che l'unica maniera di superare la prova era accettare di morire insieme, che qualcuno accettasse di sacrificarsi per l'altro, solo in quel caso la lama si sarebbe bloccata e loro sarebbero stati liberi. Quella era la prova del loro vero amore, era la prova che tutto quello che si erano detti lo avrebbero messo ai fatti anche con la propria vita, se avessero superato la prova sarebbero stati pronti a tutto insieme. Ma il ragazzo aveva ceduto, aveva messo se stesso di fronte all'altra, aveva fallito il test e ne aveva pagato la conseguenza. Gli dispiaceva per la ragazza, le aveva spezzato il collo, ma lo aveva fatto per lei. Che razza di esistenza avrebbe potuto avere pensando a quella esperienza, lei che avrebbe accettato la lama senza discussioni, tradita nella sua fiducia, tradita in quello che provava. Le aveva fatto un dono, le aveva permesso di non pensarci più. Di non struggersi in cima a quell'esperienza, l'aveva salvata e questo pensiero lo tirò un po' più su di morale. Iniziò a fischiettare un motivetto allegro mentre stava mettendo la ragazza nel bagagliaio della macchina. La avrebbe seppellita da qualche parte, se lo meritava. Povera ragazza. Lo sconosciuto vide il suo riflesso sul finestrino e pensò al suo passato e a un momento in particolare. “Ti Amo” “Anch'io”. Lo aveva sentito anche lui, lo aveva detto anche lui. Decise di pensare ad altro. Controllò con attenzione le scarpe, eliminò un po' di terra dalle scarpe e montò nell'auto. Non avrebbe voluto sporcare i tappetini, anche se lui in fondo non era così materiale, ma il proprietario dell'auto sì.

Ghiaccio.


Frank calò la testa ancora di più dentro il giubbotto, oh sì il freddo era arrivato, era proprio quella parte dell'anno che preferiva, quella in cui si cercava il calore del letto, del fuoco e delle emozioni umane. Tutto sommato Frank era una buona persona, trascinava avanti i passi nel freddo per tornare a casa dalla sua famiglia, sua moglie sicuramente lo stava aspettando e proprio in quel freddo iniziava a sentirne il bisogno. Sentiva di dover in qualche maniera ringraziare il freddo per questo. Accelerò il passo per fare prima. Pensava a quanto dovesse ringraziare la sua fortuna per essere in quella situazione, il lavoro che faceva gli dava la giusta spinta per tirare avanti e la sua famiglia, proprio quella, lo aiutava a sentirsi amato. Coinvolto da tutto questo pensare non si rese conto dei primi fiocchi di neve che timidamente stavano iniziando a cadere. Solo quando un fiocco, il più coraggioso di tutti, andò a posarsi con insolenza sulla punta del suo naso. Frank sorrise, non riusciva a capirne il perché, ma la neve lo aveva sempre fatto sorridere, amava l'atmosfera che creava, scendendo copriva tutto, ma avvicinava le persone. Senza rendersene conto stava quasi correndo per tornare dalla sua famiglia. Nonostante in quel momento non ci fosse in giro anima viva e il freddo stava pungendo i suoi occhi e qualsiasi estremità del suo corpo, Frank era felice, era tornato bambino, si sentiva quasi un'idiota a sorridere da solo e senza nessun motivo apparente. Se qualcuno lo avesse visto lo avrebbe preso per matto probabilmente. Proprio mentre era preso da tutta questa allegria gli parve di sentire un singhiozzo in lontananza. In quel viale che iniziava a coprirsi pian pianino di bianco, almeno dove la neve riusciva a fare breccia, cercava con gli occhi la fonte di quel rumore. Come poteva qualcuno essere triste in quel momento, come poteva non riuscire a capire che avrebbe dovuto essere contento, contento di tornare da qualcuno che gli avrebbe voluto bene, che lo avrebbe fatto sentire a casa, come faceva a non sentire il bisogno del calore. Cercava con gli occhi dovunque, poiché percepiva il bisogno di aiutare, il bisogno di tirare su di morale quella persona. Da una via laterale appena in penombra stava una figura seduta sul bordo del marciapiede. Frank decise di tirare dritto, ma una parte di lui voleva fermarsi a confortarlo o almeno cercare di comprendere il perché di quella tristezza. Riuscì a fare una decina di metri prima che la sua coscienza gli imponesse di tornare indietro, era sempre stato un tipo sensibile, da quando era piccolo gli altri lo avevano cercato per sfogarsi o per un po' di conforto, probabilmente perchè era in grado di dire quello che gli altri avevano bisogno di sentirsi dire. Imboccò il vialetto per avvicinarsi a quell'ombra triste. Decise di darle spazio e si fermò a 4-5 metri di distanza. Intanto cercò di capire qualcosa di più su quella figura. Forse era un ragazzo, riusciva a capirlo dalla linea delle spalle, ma per quanto si sforzasse di mettere a fuoco quell'ombra non riusciva ad attribuirgli delle caratteristiche, come se non bastasse il lampione all'inizio del vialetto aveva deciso di dare forfé al freddo e continuava ad accendersi e spegnersi. “Devo essere stanco”, si strofinò l'occhio destro credendo di risolvere il problema della vista, ma ancora non riusciva a capire chi fosse quel “ragazzo” seduto. “Non deve essere del quartiere” pensò. Decise di indirizzare la voce verso quell'ombra : “Tutto bene? Stare fuori immobile con questo freddo che sta arrivando non ti aiuterà a stare meglio, al massimo ti può aiutare a prendere una polmonite!”. L'ombra alzo la testa verso il visitatore, inclinò la testa verso l'alto “Come fai?”. C'era qualcosa di strano in quella voce, iniziò a sentire ancora più freddo, ma probabilmente a casa sua moglie stava preparando un minestrone e decise che poteva sopportare ancora per un po' il freddo. Il minestrone non gli piaceva. “C-Come faccio a fare cosa?” la voce gli uscì rotta dal freddo, “ Meglio se ci spostiamo da qui sai? Da quanto sei qui fuori al freddo? Sai che non fa bene”. Fece un passo verso l'ombra, cercando di suggerirgli con il corpo che poteva dare una mano. Almeno accompagnarlo a casa. “Come fai a essere così felice?”. Il suono cristallino di quella voce fece rabbrividire Frank, che iniziò quasi a saltellare sul posto per scacciare i brividi. “Felice? Questione di giornate, oggi mi sento particolarmente allegro, tu, invece, perché sei triste?”. “Perchè questo freddo di rende felice? Dovresti essere già al coperto, dovresti percepire la fretta di ripararti da qualche parte, invece sei qui, ti ho visto sorridere come un ebete in questo gelo”. Frank si sentì leggermente offeso, in fondo era lì che cercava di capire il motivo della tristezza dello sconosciuto, non a spiegare il perchè della sua felicità. Decise di sbilanciarsi un po' con lo sconosciuto: “Amo il freddo, scusa se sorrido, ma credo che è quello di cui abbiamo bisogno per apprezzare il calore delle cose e delle persone”. “Pensi che riuscirò mai a provare il calore? Dico nel cuore. Sento il bisogno di provarlo, sento la necessità di comprendere il motivo della tua allegria”. Frank era perplesso, ma decise di farsi capire: “ Credo di sì, non è così difficile, mi piace mettermi vicino alla stufa in queste sere gelide, apprezzo ancora di più quando sono in buona compagnia, mi fa sentire a casa, caldo. Tu non hai qualcuno che ti aspetta? Tua madre probabilmente sarà preoccupata”. L'ombra iniziò ad avere dei leggeri scossoni e Frank ci mise un paio di secondi per realizzare che lo sconosciuto stava ridacchiando. “Non ho madre, padre o parenti”, la voce ricordava il tintinnio di cristalli, capì che stava trovando la domanda buffa. Frank si intristì pensando a quel povero cristo fuori nel nulla e senza nessun contatto. “ Non hai nessuno che ti sta aspettando? Scusa, ma mi sembra strano”. “Nessuno che mi aspetta o che io stia attendendo, ma secondo te solo una persona come un parente riesce a darti calore, il calore del fuoco?”. “Ragazzo mio, non stiamo parlando di calore come quello del fuoco, parliamo di affetto, è un'emozione umana, te lo può far provare anche uno sconosciuto, ti scalda dentro quando hai i brividi, non posso spiegartelo. Come faccio a farti capire un'emozione o un gesto come un abbraccio? Dovresti saperlo anche tu. Non posso descriverti la felicità, posso spiegarti quali sono le sue cause”. “Perchè ti sei fermato a parlare se non sei in grado di aiutarmi?”. Frank si sentiva a disagio. “Pensavo di riuscire a darti una mano, mi dava e mi dà fastidio vederti lì abbattuto, quando potresti essere da qualche parte a sentirti meglio, dimmi se posso fare qualcosa, se hai fame puoi venire con me, mia moglie ha preparato il minestrone però ti consiglio non dirle che non ti piace”. Si riscoprì a sorridere di quella stupida battuta. “Non ho fame, ho solo bisogno di sentire calore delle emozioni, dell'affetto!”. “Se vuoi posso aiutarti anche in quello, dimmi di cosa hai bisogno”. “Fammi sentire il calore”. Frank iniziava veramente a sentire il freddo fare breccia in quello scudo formato dai vestiti. Rabbrividì. “In che modo? Non hai mai provato un gesto d'affetto?”. Frank era perplesso, non riusciva a capire come una persona, anche se giovane, non avesse mai potuto sentire il calore di un altro essere umano o per lo meno aver provato cosa voglia dire un abbraccio o la condivisione di emozioni tra persone. “Abbracciami” disse lo sconosciuto, e più che una richiesta sembrava un ordine. Frank fece un paio di passi verso lo sconosciuto. “Non mi hai detto qual è il tuo nome”. “Non è necessario che tu lo sappia”. Frank a disagio rispose “ è proprio quello il punto di condividere emozioni, condividi parte di te stesso a un'altra persona e speri che la accetti o almeno provi a sentirla come sua, se costruisci barriere con le persone che ti stanno intorno, non potrai mai provare emozioni, la felicità arriva per la gran parte dall'esterno. È di questo che come persone abbiamo bisogno”. “Non ho un nome”. Adesso Frank stava veramente pensando di andarsene, restare lì a tergiversare con uno sconosciuto che oltretutto lo stava anche prendendo in giro, ma il suo carattere gli ricordò di portare pazienza. “Devi averne uno, non mi prendere in giro!”. Lo sconosciuto si alzò in piedi, sembrava veramente molto più alto ora di quello che potesse sembrare prima, ma fu quando uscì dalla penombra che a Frank si raggelò il sangue, come se il freddo non fosse bastato. Lo sconosciuto era un essere, non umano sicuramente, era del colore del ghiaccio, con delle venature azzurrine in prossimità di dove dovevano essere gli occhi. “C-Chi, cosa s-sei?” “Sono il Gelo”. Frank era bloccato sul posto, per quanto tutto il cervello stesse urlando di darsela alla fuga, lui era bloccato, congelato sul posto. “Abbracciami, fammi sentire il calore di cui mi hai parlato”. “N-non riesco a m-muovermi”. Il Gelo lo stava guardando perplesso, la voce gli usciva dal petto, ma non sembrava avere una bocca. “Come si dà un abbraccio?”. “D-devo and-andare!”. Frank avrebbe voluto urlare, ma ormai ogni parola gli si era congelata in gola. “Non puoi, devi abbracciarmi”. Il Gelo si avvicinò ancora di più, Frank sentiva che stava perdendo coscienza un po' alla volta, ma l'unica cosa che riusciva a provare in quel momento era pietà verso quell'essere che cercava solo un contatto, un'emozione. E così cercò quasi in maniera meccanica di alzare le braccia. Il Gelo cercò di imitarlo. Frank fece un passo per avvicinarsi e abbracciò il Gelo. “Così questo è un abbraccio? Un po' macchinoso da farsi, ma non sento il calore che mi hai promesso, sono triste come prima”. Abbassò lo sguardo verso quell'essere umano e notò che era rimasto congelato, era morto nell'istante in cui si erano toccati. “Stupido avresti dovuto continuare per la tua strada, invece ti sei fermato per farmi provare calore, emozioni”. Con un movimento fluido del braccio fece a frantumi la piccola statua di ghiaccio che prima era un uomo. I piccoli frammenti di ghiaccio finirono dappertutto. Il Gelo era triste nuovamente. “Stupidi esseri che cercano il calore nelle persone, non capiscono che questo tipo di freddo non può essere scacciato con nessun tipo di emozione, per quanto loro possano provarci”. “Che fine ha fatto tutto il tuo calore? Sei ghiaccio ora”. Il gelo iniziò a camminare nella neve e nel freddo singhiozzando, ma più arrabbiato che triste. Perché quell'umano gli aveva mentito, parlato di tutte quelle cose che erano palesemente inventate. Così perso nei sui pensieri il Gelo scomparve.

Che tempo da lupi! Speriamo si sbrighi a tornare, lui e le sue camminate!”. Sara era preoccupata, Frank non era ancora tornato per cena. “Deve essere per il minestrone” pensava tra se, intanto guardava fuori dalla finestra nel buio, mentre la neve scendeva, cercando di intravedere la sagoma della persona che amava. Sarebbe rimasta delusa. Nessuno sarebbe tornato a casa, nessuno sarebbe rimasto deluso dal minestrone quella notte. Nessuno la avrebbe riscaldata.

Quando il cielo iniziò a illuminarsi il giorno dopo, la vita ripartì, intirizziti da quel freddo, sbuffi di vapore uscivano dalle bocche di tutti e si alzavano verso il cielo, quando i raggi del sole si fecero più intensi, quello che restava di Frank iniziò a sciogliersi, con il calore, un po' alla volta.