Teneva il colibrì tra le mani, facendo attenzione a non
schiacciarlo, una piccola cosa, insignificante, fragile, eppure lo osservava
come fosse tutto il suo mondo, l’unica cosa importante, assoluta in quel
momento.
Era posato al muro, poco gli interessava di sporcare il
giubbotto di calce, aspirava il fumo avidamente e a ogni boccata una piccola
nuvoletta concentrata si andava dissipando nell’aria. Grossomodo come i suoi
pensieri, ogni sua idea era liquida, non riusciva ad aggrapparsi a nulla, tutto
gli scorreva attraverso. Odiava quella sensazione di mancanza di controllo sul
suo flusso di pensieri, ma allo stesso tempo ne era saturo. A chi lo avesse
osservato da fuori sarebbe sembrato il tipico ragazzo perso nei suoi pensieri,
cuffiette, sigaretta, occhiali scuri. Il giusto modo per allontanare qualsiasi
tipo di contatto, mettendo direttamente in chiaro che volesse restare da solo.
E la gente che lo circondava percepiva quell’esigenza, si era creata una zona
intorno a lui dove altre persone restavano in silenzio oppure se ne mantenevano
a distanza cercando una zona più rumorosa, quasi avessero paura di disturbare i
suoi processi mentali.
Il colibrì alzò la testa e iniziò a fissarlo, lui ricambiò
quello sguardo e percepì che nonostante la sua piccolezza, quell’essere vivente
aveva la sua stessa voglia, la sua stessa necessità di vivere. Quella
sensazione lo lasciò interdetto, dato che nella sua abituale furia di pensieri
non calcolava molto quanto un’altra creatura potesse avere dei punti in comune
con lui. Sorrise. Non gli capitava molto spesso.
Lei era seduta sulla panchina all’altro lato della piazza, lo
aveva notato. Il suo sguardo era magnetico. Osservarlo così estraniato dalla
realtà l’aveva colpita dritta nello stomaco. Le aveva suscitato troppi
pensieri. Quel viso diretto verso il cielo e perso nei suoi pensieri la faceva
impazzire. In quel momento stava percependo qualcosa di strano. Si era persa a
pensare a di tutto e di più, anche lei non riusciva a trovare un’ appiglio
nella corrente di pensieri e sensazioni che la stavano attraversando. Quel mix
la stava facendo implodere.
Il colibrì iniziò a sbattere le ali, a una velocità che l’occhio
umano non sarebbe riuscito a percepire e dalle mani si alzò in volo. Giusto per
lanciare un ultimo sguardo a colui che lo teneva in mano. Pronto a volare via.
L’uomo pensava che gli sarebbe mancato. Sorrise ancora.
Lo vide osservare il telefono. Lo osservò sorridere. E sempre
mentre sorrideva lo vide levarsi le cuffiette e guardarsi intorno. Iniziò a
sorridere anche lei, pronta ad essere notata. Ma di punto in bianco il sorriso
si trasformò in una linea diritta. Inespressiva.
Alzò lo sguardo dal telefono sorridendo, si levò le cuffiette
e iniziò a guardarsi intorno. E fu quando la vide che il sorriso divenne ancora
più forte. Le si avvicinò anche lei con un sorriso smagliante e non poté non
notare ancora una volta il tatuaggio del colibrì sul suo incavo della spalla.
Le mise un braccio intorno al collo e le domandò come fosse andata la giornata.
Lei gli sorrise e si allontanarono passeggiando leggeri.
Lei era lì, seduta sulla panchina ad osservarli mentre se ne
andavano camminando, pensava a quanto fosse fragile in quel momento. La sua
vita. A quanto assomigliasse a un piccolo pezzo di cristallo. A quanto
assomigliasse a un piccolo colibrì.